Conciapelli

Sano di Bicci • mastro conciapelli

L’alba rischiara l’orto. Minute gocce di brina luccicano sul bordo dello steccato divelto.
La capra  attende docile la sua razione d’erba.
 
E’ una settimana importante quella che comincia oggi.
Finalmente è giunto il momento di recarsi  alla gualchiera per follare le pelli.
Ce ne sono oramai venti dozzine bell’e pronte per l’operazione.
Sarà il mio garzone a trasportare solerte le pelli fino al mulino, oltre il ponte della pieve.
Nel frattempo io dovrò correre senza indugi dal macellaio Maso, che ha divulgato ier sera l’allettante  notizia di tenere ancora da parte centinaia di pelli di pecora, cervo, bue, perfino di vitello, tutte di fine qualità.
 
Devo affrettarmi per anticipare il possibile interessamento di mastro Bernardo e mastro Niccolò, altrimenti  l’accorto  macellaio alzerà inevitabilmente il prezzo.
Nell’uscire intravedo la cesta colma di mele cotogne, ordinata in un canto sull’assito di legno.
Mi ripropongo di addentarne un paio al mio ritorno.
La conceria che ho in dotazione risulta assai rinomata nell’intero territorio di Monselice,  grazie alla squisita fattura dei prodotti e non ho certo disio di cedere il primato.
Risulto l’unico pellaiolo a praticar con maestria la concia “all’ungherina”, tecnica evoluta che appresi casualmente allorchè m’imbattei in un seguace del signore dei Magiari, riparato in terre venete dopo essere stato coinvolto in oscuro malaffare.
Nel primo meriggio, prendendo per viottoli, m’incamminerò al molino per contrattare col gualcheraio Gattapone il costo della concia, ma non intendo corrispondergli più di seicento denari.
In bottega rimarranno la moglie mia assieme all’apprendista.
Lei, con maniere ferme e garbate, sa guidare i giovani allievi.
I  lavori appaiono semplici da eseguire anche se richiedono la dovuta  attenzione: le pelli verranno sciacquate, stese ad asciugare e infine intelaiate.
Successivamente i cuoi finiti saranno prelevati e condotti al mercato generale.
Nella piana, sotto il colle ubertoso,  dopo aver superato il minuzioso controllo da parte dell’esperto, i Gastaldi della corporazione provvederanno alla marchiatura delle pelli.
Solo allora esse saranno atte alla vendita.
 
La leggerezza di spirito che mi pervade solitamente per il felice esito delle operazioni, verrà purtroppo minata dall’immancabile, ostile incontro con gli esattori vicariali.
Dovrò corrispondere loro una congrua borsa di monete,  necessaria per pagare le odiose gabelle di Ezzelino.
Agnolo si allontana con il carico di pelli.
Eccellente lavorante,  puntiglioso e paziente, è divenuto esperto delle molteplici fasi di concia.
Abile nella scarnatura e nella rasatura dei pezzi, usa con destrezza cesoie e pelatoio.
In aggiunta dosa con sicurezza le soluzioni di tannino e sommaco, impiegati nella tintura delle pelli.
Gradirei rimanesse ancora a lungo con me.
 
Osservo la maestosa quercia.
Pensoso indugio soffermandomi sulle fronde appena mosse dall’aria tiepida.
Poco discoste la piccola Bianca rincorre la palla, avvicinandosi alla pozza d’acqua.
Mi risollevo e meno verso lei.
C’è ancora tempo prima di scendere in strada, aprir bottega, e chinarsi sul libro contabile.
C’è ancora tempo prima che la turpe soldataglia di Ezzelino si faccia tristamente annunciare e possa irrompere nel borgo vessando, despota, gli intimoriti popolani.
 
……….
Mi accingo a svoltare  per la piazza  quando un vivace tremestio mi induce ad arrestarmi.
Conciliabolo di astanti, voci concitate; cos’è nato?
L’emissario trafelato anticipa il fasto evento diffondendo la notizia all’imbocco di tortuose viuzze e sostando più a lungo negli slarghi abbacinati dalla luce.
L’imperatore Federico giungerà nella nostra città.
È primavera avanzata: intorno si levano, irrefrenabili, rondini  e schiamazzi.
 
Preceduto dalla solida guardia imperiale, con a fianco la giovane consorte dallo sguardo mite, avanzerà solenne sul carro bardato il potente regnante!
Ognuno ripone in lui una personale speranza di miglioramento; e i cenni di saluto che dispenserà prodigo appariranno quanto mai rassicuranti.
Da par mio, come furtivo auspicio, spero di riuscire a scorgere, tra i celebrati esponenti del suo seguito, qualche poeta o letterato.
Magari proprio uno dei rimatori siciliani che si stanno formando nella Scuola di poesia federiciana.
Ma mi accontenterei pure di un menestrello provenzale che, ispirato, ci diletti cantando l’amor cortese.
Perché simbolo di forza non sono unicamente rudezza, sobrietà e armi in pugno.
Tutt’altro.
 
Sano di Bicci
mastro conciapelli
in contra’ San Martino