Ti racconto La mia Giostra…

Paola Signoretto

Qualche anno fa, diciamo all’incirca venti, vedevo una cosa a me sconosciuta…
Da qualche anno sentivo parlare delle gare delle contrade, non ho capito subito di cosa si trattasse, certo era che ne ero incuriosita.
Vedevo per le vie della mia città tutte queste figure che si muovevano dentro a degli abiti strani, a volte mi capitava di sorriderne, non capivo perché si vestissero in quel modo.
Resta il fatto che mi meravigliavo ad ogni cosa, le donne vestivano in maniera elegante e gli uomini in modo buffo, ma accanto alle loro dame, non sfiguravano di certo.
Mi sono chiesta parecchie volte come poter entrare in quel mondo che mi aveva incantata, così mi avvicinai ad un figurante  vestito da soldato, con la spada nel fianco e lo scudo per proteggersi, e gli chiesi come potevo sfilare anch’io.
Mi presentò subito il suo capo contrada, Lorenzo si chiamava, era della contrada della Torre, il quale mi accolse subito, e così è iniziata la mia avventura…
L’anno dopo mi diedero il ruolo di nutrice, dovevo sfilare con dei bambini al fianco, quanto ero orgogliosa del mio ruolo, mi sentivo al settimo cielo.
Certo quell’anno il cielo non è stato molto clemente e ci regalò raffiche di vento e molta pioggia così gli organizzatori furono costretti a sospendere la manifestazione.
Ricordo ancora la delusione di quel momento, cercai comunque di incoraggiare i miei piccoli compagni di avventura, tremanti di freddo, a combattere il “Drago” della pioggia.
Con maglioncini, guanti e sciarpe… era proprio freddo…
ma non mi scoraggiai…
Passò un altro anno da all’ora, ed il mio ruolo all’interno della contrada ha iniziato a prendere un’alta forma, scoprii presto che mi piaceva di più la parte organizzativa a quella di figurante, ma volli comunque riprovarci, e così mi ritrovai nel ruolo dell’anno prima, ma con in braccio una bimba di due anni, mamma mia che faticaccia.
Percorrere tutte le vie della città di Monselice, con un pargolo in braccio, è davvero faticoso.
La gente ci guardava e ci applaudiva ed ho capito che il calore delle persone ti da la forza per andare avanti.
Gradii  molto, ad ogni modo, la fine di quella giornata per me MOLTO faticosa…
In realtà non era finita per niente, perché andammo a vedere nel pomeriggio la gara della quintana, era la prima volta che la vedevo.
Non riesco a ricordare se ne rimasi più affascinata, sorpresa o impaurita, forse un insieme di queste sensazioni così nuove che da allora, come ora, le ritrovo ad ogni giostra che partecipo.
Quei cavalieri, così sicuri di loro stessi, andavano incontro al braccio meccanico di una donzella fatta di ferro, con la loro lancia ben equilibrata, per prendere degli anelli piccolissimi.
E poi la gioia…  o la delusione…
quante emozioni contrastanti…
Per qualche anno rimasi con la contrada della Torre, ma il mio cuore apparteneva ad un altro quartiere.
Non riuscivo a capire perché ero contenta quando la Torre faceva bene, ma mi entusiasmavo quando era San Martino a fare qualcosa di bello…
L’ho capito dopo un po’ di tempo, il fatto è che io vivo nella contrada di San Martino, ne respiro l’atmosfera, conosco tutti i contradaioli, vedo quando si innalzano i colori della mia contrada e tutti iniziano a parlare di quello che potrà succedere, di quale novità San Martino farà sfoggio quest’anno…
Così parlai con il responsabile di San Martino, spiegando le ragioni ed il modo in cui mi sono approcciata alla giostra, parlai anche con il capo contrada della Torre, ringraziandolo per tutta la disponibilità che mi aveva concesso, ma il mio cuore batteva giallo blu…
Ricominciai daccapo con entusiasmo nuovo, e all’inizio non è stato facile,  l’organizzazione di questa contrada era totalmente diversa, mi venne spiegato che San Martino non era solo contrada, ma anche Associazione per la Cultura, e che spaziava in più ambiti, non solo la Giostra della Rocca.
Mi scoraggiai subito pensavo di non esserne all’altezza, ma per fortuna venni presa per mano e aiutata a capire, e così un po’ alla volta mi inserii nel nuovo gruppo.
Non ho più sfilato per scelta, mi piace molto di più la parte organizzativa.
Far capire alla gente il nostro corteo, l’importanza del ruolo che abbiamo in quel momento, soprattutto il gruppo di lavoro, come interagiamo tra di noi, le idee che escono, e come vengono sviluppate e concretizzate, e perché no, anche qualche lite ci aiuta ad arrivare alla conclusione del progetto…
E non dimentichiamo le risate…
Mi viene ancora da sorridere pensando alla prima volta che San Martino ha vinto la gara della quintana, all’inizio non riuscivo a smettere di urlare dalla gioia, poi la frenesia che mi ha preso, la corsa all’interno del campo di gare per abbracciare i nostri due fantini, credo che nemmeno loro  credessero tanto alla vittoria,  quanto noi lo desideravamo.
Non volevo più uscire dal campo, ma le forza dell’ordine ci costrinsero tutti a contenere la gioia, mi facevano male le guance per quanto sorridevo…
Il nostro parroco fece il giro d’onore sopra al cavallo, il quale probabilmente non capiva tutto quel caos, povero cavallo, protagonista involontario di una vittoria tanto desiderata.
Ma che importava, finalmente dopo tredici anni di speranze, frustrazioni, delusioni e aspettative è arrivata la vittoria, niente importava più, se non godere di quel momento magico.
Dopo il giro d’onore per  le vie di Monselice, siamo andati a festeggiare in parrocchia, ma non eravamo preparati.
Così, incuranti delle imprecazioni che potevamo ricevere dai vari negozianti del quartiere, suonammo un po’ di campanelli e trovammo così del salame, formaggio  e del pane,  ed è iniziata la festa.
I tamburi suonavano per la gioia e anche forse per scaricare la tensione, ma che importa…
ABBIAMO VINTO!!!
Negli anni successivi sono arrivate altra cinque vittorie, ma nessuna eguaglierà mai la prima.
Al contrario, invece, il corteo ogni anno mi appassiona sempre di più, la ricerca di cose nuove, la voglia di esprimere di più, la voglia di far capire alla gente che ci guarda chi siamo e perché proponiamo un corteo così importante.
E poi le mille piccole-grandi difficoltà con le quali dobbiamo fare i conti ad ogni sfilata.
Mi viene ancora da sorridere quando l’anno scorso si è rotto il timone di uno dei nostri carri, non sapevamo che cosa fare, stava fermando il corteo e non solo il nostro, proprio TUTTO!!!
Così “Cici” (Vittorio) il nostro uomo tutto fare, si toglie il vestito da soldato che indossava per la sfilata, e si butta sotto il carro per aggiustare in corsa la guida, e dopo un po’ di imprecazioni che, preferisco non ricordare, è riuscito a far ripartire il corteo.
Oppure quella volta quando il nostro Principe Arabo, vestito con un abito originale pieno di lustrini, cavalcando il suo destriero tutto orgoglioso, sguaina la sciabola per una foto e…
Si accorge che ha un bel po’ di ruggine attaccata e così, con non schlange, scende da cavallo, suona ad un campanello, e con tutta la dignità che un nobile possiede, chiede se possono dargli della paglietta per togliere le macchie di ruggine…
Ancora oggi lo ricordiamo con molto affetto quel momento…
Un altro episodio che ricordo con il sorriso sulle labbra, è stato quando abbiamo proposto la rete per prendere le quaglie nel gruppo caccia, era la prima volta che la portavamo in sfilata.
Siamo partiti che sembrava tutto a posto, ma dopo un po’, una ad una, le quaglie iniziarono a cadere per  terra. I cani cercavano di prenderle, ed in questo modo hanno creato un bel po’ di caos all’interno del gruppo. Cercammo di rimediare rilegandole alla rete, ma continuavano a cadere, finché capimmo che avevamo usato uno spago sbagliato, ricordo che avevamo già iniziato a sfilare quando riuscimmo rimediare a tutto quel casino, e poco prima di arrivare davanti alla giuria, per giunta…
Quanti ricordi mi porta la Giostra…
Da qualche anno il mio ruolo ha cambiato forma all’interno dell’Ass. San Martino e di acqua ne è passata sotto i ponti.
Da quando non sapevo come entrare in questa “Macchina infernale”, fino ai giorni nostri…
Diverse volte ho anche pensato di mollare tutto davanti alle difficoltà, ai bastoni che vengono messi per impedire lo svolgere bene delle cose.
Ogni anno mi sento svuotata dopo la fine di ogni Giostra, però quando un bambino si avvicina e mi chiede se l’anno prossimo può sfilare anche lui, mi fa ricordare la stessa richiesta che ho fatto io più di venti anni fa, e guarda quanti avvenimenti sono successi da allora…
Non lascerò mai la mia contrada, e se posso, non lascerò mai la Giostra della Rocca.
Ho conosciuto gente meravigliosa che ora non c’è più, che mi hanno aiutata a crescere e a desiderare di tirare fuori i meglio da me stessa ogni anno, persone che non scorderò mai.
Ho visto visi piangere e ridere allo stesso tempo.
Ho visto passione, emozione, sconforto, altruismo, delusione, liti e gioia.

Tutto questo è per me la  GIOSTRA DELLA ROCCA.

 
E molto di più…
 
Paola Signoretto